Cosa accade quando si perde la
coscienza
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 19
febbraio 2022.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il
cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Un difetto acuto dell’apporto di O2 o
glucosio alla corteccia può essere l’evento banale, che segue un lungo elenco
di possibili cause e circostanze, e precede una temporanea e reversibile
perdita della coscienza. Ma, cosa accade alla miriade di sistemi neuronici corticali
interconnessi in sistemi finemente regolati ed equilibrati per garantire l’espressione
dell’attività mentale vigile e consapevole? Gli studi sulle basi
neurobiologiche della coscienza finalizzati alla comprensione del coma
hanno gettato luce sui caratteri neurofisiologici differenziali tra presenza e
assenza nel cervello dell’attività cosciente, e hanno consentito di elaborare
degli indici di misura di questa attività. Più avanti considereremo questi
indici, che ci permettono di sperare nella possibilità di accertare la presenza
della coscienza in molte condizioni cliniche in cui con la metodologia e
gli strumenti diagnostici tradizionali non si riesce a risolvere il dubbio, ma
ora soffermiamo l’attenzione su cosa avviene nel passaggio dallo stato,
definito seguendo criteri anestesiologici e neurologici “cosciente”, allo stato
di mancanza di coscienza.
Una possibilità, che riscuote notevoli consensi
nella comunità neuroscientifica e ha costituito l’ipotesi di lavoro per molti
progetti di studio e di ricerca, è che la perdita di coscienza corrisponda a
una transizione dell’attività elettrica del cervello che si allontana dall’abituale
posizione al “margine del caos”, ossia da quel confine sottile, paragonato al
filo di una lama di coltello, che separa la stabilità dal caos.
Recenti sviluppi matematici hanno messo a punto
degli strumenti per testare questa ipotesi, mediante l’applicazione alle
registrazioni corticali ottenute da differenti stati funzionali. Daniel Toker e numerosi colleghi coordinati da Mark d’Esposito,
impiegando tali mezzi e procedure hanno evinto evidenze molto significative,
sia circa la natura dell’equilibrio cosciente sia sul correlato elettrodinamico
della transizione di stato mentale.
(Toker D., et al. Consciousness is supported by near-critical slow
cortical electrodynamics. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 119 (7) e2024455119 – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas. 2024455119,
Feb. 15, 2022).
La provenienza degli autori è la seguente: Helen Willis Neuroscience Institute, University of
California, Berkeley, CA (USA); Department of Psychology, University of California,
Los Angeles, CA (USA); Department of Psychology, University of California,
Berkeley, CA (USA); Laboratory of Neuro Imaging, Stevens Institute for
Neuroimaging and Informatics, Keck School of Medicine, University of Southern
California, Los Angeles (USA); Department of Anesthesiology and Intensive Care,
University Medical Center, Tübingen (Germania); National Counsel of Technical
and Scientifical Investigation of Argentina, Buenos Aires (Argentina); Department
of Neurological Surgery, University of California at Irvine, Irvine CA (USA);
Redwood Center for Theoretical Neuroscience, University of California,
Berkeley, CA (USA).
Non molto tempo prima della
pandemia da SARS-CoV-2 ci siamo occupati di due eventi straordinari, ossia la
riattivazione di neuroni di cervelli morti e l’uscita dal coma di una donna
dopo 27 anni, in particolare nel settembre del 2019[1]. In quell’occasione
abbiamo costituito un gruppo di analisi teorica dei dati emersi da una rassegna
bibliografica sul coma e, per introdurre all’argomento i colleghi più giovani,
abbiamo pubblicato un articolo[2] dal quale
si trae qualche brano che si riporta qui di seguito.
“Le origini dello studio
scientifico della coscienza coincidono, in una chiave epistemologica, con
l’impiego di metodi riconducibili a tre paradigmi principali: anestesiologico,
neurologico e psicologico-psichiatrico. Nelle epoche precedenti, la filosofia,
prima, e la filosofia della mente, poi, avevano egemonizzato il campo dando
luogo a numerose costruzioni teoriche, campi specializzati del sapere e visioni
culturali.
Per gran parte del Novecento, la
separazione tra la concezione psicologica della coscienza, dominata dalle
teorie psicoanalitiche e fenomenologiche, e la nozione medica, operativamente
vincolata alle esigenze diagnostiche, è stata sempre molto netta. La prima
teoria neuroscientifica della coscienza, che ha ricondotto la fenomenica
psicologica a precise basi neurobiologiche, è stata elaborata da Gerald Maurice
Edelman, a compimento del suo ambizioso progetto di riportare la mente umana in
seno alle scienze biologiche.
L’impresa teorica ha preso le mosse
dalla comprensione dei principi alla base dell’evoluzione morfologica della
materia biologica, compiutamente esposti in Topobiology, e si è sviluppata
attraverso l’applicazione di tali principi alla ricostruzione dei processi che
hanno portato all’organizzazione morfo-funzionale del cervello, secondo quanto
si legge in Neural Darwinism.
Sulla base dei tre vincoli della teoria della selezione dei gruppi neuronici
(TSGN) – ossia i due tipi di selezione, in corso di sviluppo e per effetto
dell’esperienza, e il rientro dell’informazione fra aree attive in parallelo –
Edelman ha delineato le basi evolutive e neurofunzionali della coscienza
animale, che funzionerebbe allo stesso modo della coscienza primaria umana, sostanzialmente come un ‘presente
ricordato’ (The Remembered
Present)”.
Nel coma
sono conservati gli automatismi neurogetativi del
tronco encefalico, ma si ha perdita della coscienza per un mutamento dell’attività
della corteccia cerebrale; i meccanismi dei farmaci anestetici generali sono
stati perciò oggetto di studio per comprendere il coma:
“I
farmaci anestetici generali aboliscono tutte le percezioni periferiche, agendo
sul midollo spinale, e contemporaneamente inducono la perdita della coscienza,
agendo sulla corteccia cerebrale; nella loro azione risparmiano il segmento bulbare
del tronco encefalico che garantisce gli automatismi cardiorespiratori
necessari alla sopravvivenza. È evidente l’analogia con il coma, e si comprende
intuitivamente perché i primi studi sulla sospensione della vita di relazione
abbiano provato ad indagare i rapporti fisiopatologici con l’anestesia.
D’altra parte, si è basata
sull’impiego di anestetici generali anche l’attualità degli esperimenti di Tononi
e Massimini, che abbiamo considerato nelle recensioni e discussioni della preziosa
ricerca di una misura oggettiva della capacità di esperienza.
Infatti, i protocolli stilati per
ottenere misure TMS/EEG sono stati messi alla prova con tre mezzi di abolizione
della coscienza, midazolam,
propofol e xenon, che esercitano l’effetto anestetico
con tre meccanismi d’azione differenti, ma sono comunemente impiegati in
anestesiologia. Tutti e tre i mezzi anestetici, indipendentemente dalla
somministrazione quale gas mediante una maschera o per iniezione endovenosa,
hanno prodotto lo stesso risultato: un’onda
lenta corrispondente al passaggio
dalla veglia all’incoscienza.
Tale onda lenta presentava due andamenti: rimaneva confinata localmente,
indicando una perdita di integrazione, o si diffondeva a macchia d’olio,
indicando una perdita di informazione.
La ketamina, un farmaco derivato dall’allucinogeno fenciclidina
impiegato nell’anestesia degli animali di grande taglia, è una molecola con
particolari proprietà analgesiche e induce una perdita di coscienza dissociativa.
Negli esperimenti di Tononi, Massimini e colleghi, con la ketamina non si è
avuta la comparsa dell’onda lenta tipica delle altre tre classi di anestetici,
e sullo schermo del computer che registrava il rilievo EEG si è vista
riapparire la morfologia delle onde tipica dello stato di veglia, nonostante
una completa perdita di reattività e un fondo elettroencefalografico simile a
quello dell’attivazione durante il sonno.
La nuova misura definita da Tononi
e Massimini, ossia il PCI (perturbational complexity index), ottenuto estraendo gli effetti
causali della TMS (zapping the cortex) e comprimendo la matrice spazio-temporale (zipping its responses), è sostanzialmente diversa da tutti i
precedenti mezzi di registrazione dell’attività cosciente perché rileva la
quantità di informazione irriducibile generata da interazioni causali
all’interno del sistema talamo-corticale, così fornendo uno scalare misurabile
empiricamente che si approssima alla misura teorica di Φ, ossia
dell’informazione integrata.
Studi successivi hanno elaborato
altri metodi per stimare la complessità delle risposte cerebrali alle
stimolazioni transcraniche e intracraniche, e un
lavoro di Comolatti dell’Università di San Paolo
(Brasile), al quale hanno partecipato anche Tononi, Massimini e altri
ricercatori”[3],
ha definito un nuovo indice: il PCIST. La nuova misura, che sembra conservare
la precisione del PCI, è più semplice da eseguire e i tempi di calcolo sono
inferiori a un secondo. Gli autori dello studio sono certi che il PCIST costituisca
un reale progresso rispetto al PCI”.
Possiamo riprendere lo studio di
Daniel Toker e colleghi sulle elettrodinamiche
corticali nella perdita di coscienza.
Evidenze copiose e convincenti
suggeriscono che, durante gli stati coscienti, le elettrodinamiche della
corteccia cerebrale sono prossime a un punto critico o transizione di
fase, e che questa attività near-critical
supporti il vasto flusso di informazione attraverso le reti corticali durante
gli stati coscienti. Con la supervisione di Mark d’Esposito, Toker e colleghi hanno
empiricamente definito un punto critico matematicamente specifico, in
prossimità del quale operano le dinamiche oscillatorie corticali della veglia,
tale punto è conosciuto come the edge-of-chaos critical point, o confine
tra stabilità e caos.
I
ricercatori hanno applicato il test del caos 0-1 modificato, recentemente
sviluppato, all’elettrocorticografia (ECoG) a alla magnetoencefalografia (MEG) dalla corteccia
cerebrale di volontari umani e di macachi durante un normale stato vigile di
veglia, in corso di crisi epilettiche generalizzate, dopo anestesia generale e
anche in “stato psichedelico”.
Le evidenze
emerse in questo studio suggeriscono che l’elaborazione dell’informazione
corticale è compromessa durante gli stati cerebrali e mentali non coscienti, a
causa di una transizione di oscillazioni elettriche corticali di bassa
frequenza via da questo punto critico. Per converso, i ricercatori hanno
dimostrato che le esperienze psichedeliche possono accrescere la
ricchezza dell’informazione dell’attività corticale, sintonizzando oscillazioni
corticali di bassa frequenza più vicino a questo punto critico.
Infine, Daniel Toker e colleghi hanno analizzato i tracciati di
elettroencefalogrammi clinici (EEG) di pazienti affetti da disturbi della
coscienza (DOC), e hanno dimostrato che, la valutazione delle elettrodinamiche
oscillatorie corticali lente in prossimità del punto critico o edge-of-chaos critical point, può essere un utile indice di coscienza
nelle circostanze cliniche in cui è richiesta questa valutazione.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle
recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-19
febbraio 2022
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presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16
gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e
culturale non-profit.
[1] Note e Notizie 21-09-19 La riattivazione
di cervelli morti mette in crisi la morte cerebrale; Note e Notizie 28-09-19
Esce dal coma dopo 27 anni.
[2] Note e Notizie 25-01-20 Un nuovo
studio sul coma.
[3] Comolatti R., et al. A fast and general method to
empirically estimate the complexity of brain responses to transcranial and
intracranial stimulations. Brain Stimul – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.brs.2019.05.013.,
2019.